Fabrizio Campanella

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  CRITICA

La musicalità delle strutture compositive di Fabrizio Campanella è stata più volte al centro dell'interesse critico di diversi studiosi che si sono accostati all'opera del giovane artista romano. Una musicalità suggerita dal ritmo visivo delle linee e delle zone di colore e dal bilanciamento rigoroso e armonico della composizione; un ritmo esaltato, in talune prove, dalla gestualità prorompente del segno, quasi ad evocare la frammentazione dinamica della musica jazz (Gabriele Simongini, 29. Premio Vasto. Memorie del futuro, Catalogo, Vasto, 1996). In tal senso, le prime opere in cui è possibile ravvisare una vicinanza con la struttura musicale, appartenenti alla serie delle Variazioni, risalgono al 1991/92. Sono opere in cui l'architettura lineare, dipinta in nero sul fondo della tela bianca, è limpida e tersa grazie anche a misurate velature cromatiche ton sûr ton, che trasfigurano lo spunto reale in pura armonia visiva. Rivelando una adaequatio del segno e del colore a una verità interiore", specchio di una "segreta musicalità". (S. Giannelli, presentazione in catalogo, personale a "La Gradiva", Roma, 1992). È infatti la coscienza della forma come consapevolezza del linguaggio pittorico che ha costituito nel tempo il punto cardine della ricerca artistica di Fabrizio Campanella, portandolo a posizioni realmente innovative rispetto al panorama artistico dei nostri giorni. Enrico Gallian scrive, in proposito, recensendo la personale alla Cometa del 1993, di "conflitto sempre aperto con gli altri sperimentalismi artistici" e di "pittura contro", su "I'Unità", Roma, 29.1.1993. Segue poi la conferma di Marta Strinati, su "Paese Sera" del 3.2.1993, la quale, evidenziando il "disagio nei confronti del cerebralismo intellettuale", sottolinea la valenza antintellettualistica di tale ricerca come volontà di riportare lo sperimentalismo pittorico nell'alveo originario della pittura, nella coerenza e nell'identità del mezzo. Ecco quindi lo studio analitico della struttura del quadro che caratterizza nel tempo l'impostazione formale ed estetica del lavoro dell'artista, mostrando, per sua stessa natura, forti analogie con la costruzione musicale, in sé astratta e strutturale, libera nella coerente individualità della composizione. Riccardo Notte, infatti, su "Art In Italy" (a. 4, n. 10) del 1997, parla di "un'organizzazione quasi contrappuntistica e destinata a una percezione sinestetica", nell'espressione di una relazione con "ciò che è altrove", "oltre il limite proprio della pittura". Soggetti come gruppi di figure o articolazioni di edifici (si ricordano qui i suoi Paesaggi urbani o le sue Periferie), perdono così ogni connotazione oggettiva per organizzarsi in vigorose strutture astratte, ora disegnate con tratti scuri, ora evidenziate con linee o bande cromatiche, in una stesura pittorica di forte impatto visivo, che si stacca dalla matrice cubo-futurista degli esordi. Come scrive Luca Fantò nella sua recensione su "Next" (a. XI, n. 35, Roma, autunno/inv. 1995) in occasione della personale allo Studio Soligo di Roma, presentata in catalogo da Domenico Guzzi: "Fabrizio Campanella si è liberato dai vincoli della memoria e, pur non rinnegandone il valore, parla con la sua voce. D'ora in poi concetti pieni e forti verranno rappresentati." Un concetto rafforzato dalle parole di Vito Apuleo su "Il Messaggero" di Roma del 29.1.1996 quando fa riferimento a una "scansione tonale armoniosamente calibrata", sebbene Mario de Candia, sul "Trovaroma" de "La Repubblica", Roma, 11.1.1996, parli ancora di "registro costruttivo di matrice geometrica". Dopo la parentesi, nel 1996/97, della serie di dipinti ad olio (con uno dei quali partecipa nel 1996 al Premio di Pittura Città di Bordighera, a cura di Lorenza Trucchi, Marisa Vescovo, Luciano Caramel), il ritorno all'acrilico del pittore è segnato dalle serie delle Strutture, delle Composizioni e degli Studi, presentate nel '97 alla Casa d'Aste "Meeting Art" di Vercelli. Opere ulteriormente svincolate dal referente oggettuale anche nel titolo, impersonale e con i soli numeri di successione cronologica. Nello stesso '97, su segnalazione di Franco Soligo, il gallerista che dal 1996 segue costantemente il suo lavoro, approda in Giappone con un servizio fotografico sulla rivista "Artex", rinnovando la sua presenza all'estero (1992 Los Angeles; 1993 Lille, Tours, Megève; 1998 Zarzuela del Monte, Avila). Si ricorda, infine, l'adesione dal 1997 all'Art Club Internazionale, il prestigioso sodalizio artistico fondato nel 1995 da Piero Dorazio, sulla scia dell'omonimo movimento storico a cui presero parte, oltre allo stesso Dorazio e Achille Perilli, Enrico Prampolini e Gino Severini; in ultimo, la collaborazione con la Facoltà di Sociologia dell'Università di Urbino nell'ambito del progetto Urbs Artis, coordinato dalla professoressa Danila Bertasio in collaborazione con l'E.S.S.A.D.
Laura Turco Liveri